John Parker, candidato al Senato degli Stati Uniti 🇺🇲 e leader del Partito Socialista Unificato Americano, durante una visita alla città di Rubezhnoye, appena liberata dalle milizie della Repubblica Popolare di Lugnask, ha accusato le forze di sicurezza di Kiev 🇺🇦 di bombardare le infrastrutture civili della città.
“Quando ho parlato con la gente e girato per la città, ho visto con i miei occhi che non c’era alcun obiettivo militari che l’esercito ucraino avrebbe dovuto bombardare. Tuttavia, lo hanno fatto. Hanno distrutto solo infrastrutture civili, non militari. Io davvero non capisco quale fosse lo scopo“.
Nella foto sottostante, vediamo gli incarichi dell’attuale segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, negli ultimi vent’anni. Viene da chiedersi: come si fa ad avere nello stesso CV, a pochi anni di distanza, incarichi dirigenziali in ambiti tanto diversi come la ricerca vaccinale, quella sul cambiamento climatico e la NATO? La risposta è politica e oltremodo semplice: si fa perché tutti e tre quegli ambiti sono organici alla strategia di trasformazione geopolitica, economica, sociale e antropologica, portata avanti dalle èlite sovranazionali. Dal che si dovrebbe capire che non può esistere un movimento contro il green pass, non può esistere un movimento contro la guerra, bensì dovrebbe esistere un solo movimento contro il Grande Reset e contro il progetto transumanista. Ma non nascerà mai un nuovo Marx in grado di rendere divulgabile alle masse una simile analisi. Così, i potenti procederanno osservando la connessione fra i vari elementi emergenziali, noi procederemo guardando un’emergenza alla volta e non appena ne avremo a fatica analizzata una, loro saranno già passati alla successiva. Se la guerra russo-ucraina dovesse continuare, per esempio, è lecito supporre che sorgerà un grande movimento di massa contro la partecipazione dell’Italia al conflitto. Ebbene, questo movimento farà appena in tempo a contarsi, che subito verrà spazzato via dalla nuova emergenza pandemica. Questo scenario può essere evitato, solo se si prende coscienza del contesto generale e solo se si costituisce una soggettività politica pienamente antagonista, ovvero volta al rifiuto di TUTTO ciò che è parte dell’ordine dominante.
Per l’establishment anti-russo e anti-putiniano dovrebbe essere davvero frustrante non avere dietro una maggioranza così compatta come durante l’emergenza Covid, visto che più del 60% degli italiani si dichiara favorevole al dialogo diplomatico con la Russia, contro un 20% e poco più che sostiene l’interventismo della NATO in Ukraina. Anche perché fare prepotenti con una super potenza nucleare non è così facile come accanirsi contro la minoranza inerme e innocua dei no-vax, assunti a giustificazione di tutte le fandonie pandemiche. Con questo però non bisogna illudersi che l’oligarchia italica abbia accantonato per sempre il Green pass, non dopo il riconoscimento dall’oltre l’Oceano all’esemplare ruolo d’Italia nella lotta alla pandemia (nonostante il suo tasso di mortalità fosse fra i peggiori al mondo). Sono atti simbolici che tradiscono uno standby temporaneo: d’altronde, le ossessive ambizioni dell’élite italiana a conseguire il primato del controllo digitale della popolazione non possono svanire nel nulla.
In realtà, il business farmaceutico-digitale e quello militare si muovono all’unisono, primeggiando non solo negli stock option dei maggiori fondi d’investimento, ma intrecciandosi nel lobbying svolto dalle stesse figure istituzionali, come è il caso dell’attuale Segretario generale della NATO Stoltenberg (basterebbe consultare il suo curriculum per capirlo) – un intreccio altrettanto evidente anche nell’operato di Draghi e in quello di Von der Leyen, i quali, con la stessa leggerezza con cui imponevano la vaccinazione di massa e il Green pass, stanno promuovendo l’ulteriore espansione della NATO e l’interventismo militare contro la Russia. Per questo sarebbe del tutto logico parlare dell’espletamento di un’Agenda programmatica, e non di decisioni legate ad avvenimenti imprevisti e sporadici. Ma la prova maestra di questo “pacchetto unico” fra i due sistemi la offrono i bio-laboratori in Ukraina, in concreto quelli di Azovstal, i quali rivelano come lo sviluppo dei vaccini non sia il risultato di una ricerca medico-scientifica, bensì il prodotto commerciale di programmi bio-militari, dove i patogeni vengono creati preventivamente. (Effettivamente, non è necessario che ci sia una reale pandemia per imporre l’acquisto di miliardi di vaccini per una vaccinazione di massa, nello stesso modo in cui esistono riarmi intensivi sulla previsione di guerre, o incentivati da guerre provocate ad hoc.)
Diversi studiosi continuano a ripetere il cliché secondo cui l’attuale aggressività del sistema neo-liberista sia espressione della libertà di mercato sganciata da ogni regolamentazione istituzionale. Non è affatto così. Purché sia vero che fare profitto come fine ultimo è pur sempre espressione di una mentalità automatizzata e corrotta, è altrettanto vero che il neo-liberismo si basa sulla combinazione esplosiva di capitali privati e denaro pubblico (assistenzialismo per i ricchi), ossia che la finanza privata sfrutta la disponibilità dello Stato e mira ad investire in business senza rischio e con profitti sicuri, in cui il cliente è lo Stato e il pagatore sono i contribuenti. Nulla è in grado di movimentare i capitali come il business delle armi, seguito da quello dei vaccini, ecco perché i due spesso fanno parte degli stessi programmi operativi.
Alcuni ritengono che se una guerra nucleare fosse scoppiata mezzo secolo fa, essa avrebbe avuto le ragioni di uno scontro ideologico fra i due principali sistemi economici: quello liberal-capitalista di mercato e quello di economia centralizzata e pianificata di Stato. Oggi la motivazione ideologica del conflitto USA (paesi NATO) – Russia rimarca la contrapposizione fra egemonia unipolare e multipolarismo gravitazionale, ossia la configurazione di zone d’influenza e alleanze stabili, ma non è più su base economica, o almeno non lo era fino alle sanzioni imposte alla Russai a partire dal 2014. E’ interessante ricostruire come è stato lo stesso espansionismo della NATO a cambiare i rapporti di forza interni alla Russia. La fine dell’URSS è stata voluta non tanto da Gorbaciov quanto dal cerchio di Eltsin e da Gazprom, seguito dal pericoloso ritiro militare dall’Ucraina e dalla Georgia, con la conseguente perdita del controllo del Mar Nero. Questo perché i dirigenti ex sovietici non vedevano l’ora di diventare ricchi, sposando le logiche del mercato, del profitto e dell’elitarismo borghese oligarchico.
Negli ultimi 30 anni la Russia aveva dato tutte le prove di volersi integrare nell’economia globale e nella società occidentale, sia aprendo il proprio mercato all’import/export di capitali che aderendo alle istituzioni sovranazionali: al Fondo Monetario Internazionale nel 1992, sotto Eltsin, e alla World Trade Organization nel 2012, sotto Putin. Ma il tentativo di trasformarsi da un imperialismo sovietico militare in un imperialismo neo-liberale in realtà è stato impedito dal boicottaggio americano, in particolar modo dalle lobby delle armi che occupano da decenni il Dipartimento di Stato. Se la linea del Dipartimento di Stato è quella di continua espansione della NATO, è più che prevedibile che ciò provocherebbe reazioni di ordine militare e geopolitico da parte della Russia, le quali a loro volta vengono puniti dall’Occidente con sanzioni economiche, che ricadano oltre tutto sul Gazprom – il principale promotore del neo-liberismo in Russia. Ma se le sanzioni indeboliscono il Gazprom, questo fa crescere automaticamente il potere e il peso politico dell’apparato militare russo e orienta lo sviluppo economico verso un modello autarchico e semi-chiuso. Sono le sanzioni del 2014 ad aver spinto la Russia verso l’autosufficienza agro-alimentare e farmaceutica, avendo già quella energetica e di difesa militare, ossia hanno reso il paese sempre più indipendente dal sistema globale.
Non bisogna essere economisti per capire che le sanzioni alla Russia creano effetto boomerang sulle economie europee, ma creano anche il suo vigoroso bacino di sostenitori fra gli imprenditori che lavoravano per il mercato russo e che dalle sanzioni sono stati danneggiati. Paradossalmente, il colpo finale all’agognata integrazione russa nel quadro ‘solidale’ europeo l’ha inferto non Biden ma il cancelliere tedesco Scholz, nel momento in cui ha deciso di bloccare la messa in opera del gasdotto Nord Stream 2. Il pretesto ufficiale del blocco è stato il riconoscimento da parte del governo russo delle Repubbliche indipendentiste di Donbass, ma a questo punto la Russia, messa nelle condizioni di perdere i propri investimenti e futuri introiti, non poteva certo perdere anche la faccia e non invadere l’Ucraina. In effetti, col blocco del Nord Stream 2 la Russia non aveva più niente da perdere, in quanto nessuna successiva sanzione avrebbe potuto risultare così grave come quella. Considerando che la decisione del blocco del Nord Stream 2 è stata annunciata il 22 di febbraio, l’invasione russa in Ukraina è avvenuta due giorni dopo, quindi al suo seguito, ma la performance più formidabile di Scholz è stata quella di annunciare pochi giorni dopo (il 28 di febbraio) i cento miliardi d’investimenti tedeschi in armi, facendo passare tale decisione come ineluttabile a causa dell’operazione militare russa e di una incombente (in realtà inesistente) minaccia russa anche per la sicurezza europea.
Il fatto più sorprendente è che, a questo punto, l’insospettabile Scholz si rivela il lobbista d’armi per eccellenza, talmente risoluto da mettere in serio pericolo l’approvvigionamento energetico della Germania, e da lì tutta la tenuta economica del paese, per un’inconfessabile passione lobbista. Questo spiega la veemenza degli attacchi personali a Putin, fatti con un linguaggio inqualificabile, utili a nascondere l’estremismo politico lobbista dell’establishment europeo, a cui si stanno accodando anche i politici italiani, ex amici di Putin. Oggi la priorità è mettersi in fila per drenare il denaro pubblico più che si può, non c’è alcun altro programma politico che tenga e la prospettiva delle elezioni fa fatica a tutti i partiti del Parlamento, i quali voterebbero volentieri per la loro sospensione. Ma anche la tolleranza passiva dell’inferocito lobbying farmaceutico e militare è un’ammissione indiretta della deriva deleteria e catastrofale non solo della democrazia formale, ma dell’intero sistema occidentale.
Nulla di sorprendente. Oramai tutto ruota in funzione della macchina propagandistica della Nato. Anche e soprattutto questi festival spazzatura, popolati da influencer creati in provetta per vendere il pensiero dominante alle masse ammaestrate da decenni di soft power. C’è da dire che look e provocazioni di questi scappati di casa senza uno straccio di talento, pompati a dismisura dalla macchina propagandistica, non avrebbero fatto alzare un sopracciglio neanche a mia nonna, tanto sono fuori tempo massimo.
“Ma che casualità, l’Ucraina vince questa sorta di buffo festival propagandistico spacciato per artistico. Sicuramente per meriti.. Tutti i giornali in coro hanno mostrato la propria eccitazione nel parlare di tale evento. L’Italia è stata rappresentata da due tizi che simulano una sorta di coppia omoerotica. Trattasi di gente usata per vendere alle future generazioni nuovi modelli umani. Possiamo notare come costoro siano giunti in quel di Torino in monopattino, in ottica green, e in gonnellina, in salsa gender, per poi cantare un brano osceno tra gli applausi di media e giovanissimi. Un palcoscenico spazzatura, teatro di becera propaganda. Applausi.”
(Da Weltanschauung Italia)
P.S.: Non seguo l’Eurovision da sempre, direi, e neanche quest’anno l’ho seguito… però posso dirmi veggente come pochi, pochissimi, visto che avevo già ipotizzato la vittoria di cantanti ucraini… ma era davvero così imprevedibile? 😁 Certo, per chi crede ancora nella tv, sì, non era prevedibile.
Comunque, secondo il regolamento dell’Eurovision, sono espulsi dal festival tutti i concorrenti che mandano messaggi politici, ma com’è che stavolta il regolamento è andato a farsi benedire? Ah, già, siamo in guerra e tutto diventa possibile, per la pace questo ed altro. Peccato che quando l’artista Jorit dipinse un murale di Dostoevskij a Napoli, si alzarono frasi di indignazioni del tipo “filoputiniano!”… della serie, due pesi, due misure.
Ovviamente, l’Ucraina ha vinto l’Eurovision, come da copione. Ci saremmo stupiti se ciò non fosse accaduto. Nessun dubbio, del resto, sul fatto che la società dello spettacolo sia un grande palcoscenico sul quale i rapporti di forza si esibiscono e si mutano appunto in spettacolo teso a colonizzare l’immaginario. Nulla è cambiato, se non in peggio, rispetto a quando Debord scriveva che lo spettacolo è un rapporto di forza mediato e giustificato da immagini. È una “enorme positività indiscutibile e inaccessibile”, incardinato sull’”accettazione passiva” e sul “monopolio di ciò che appare”. In questo caso, lo spettacolo serve a rinsaldare il consenso di massa verso l’Ucraina e quindi verso l’imperialismo statunitense che attualmente sta dietro all’Ucraina stessa usata a mo’ di “bastone” contro la Russia. Un potentissimo fattore ideologico, dunque, che usa lo spettacolo per manipolare le masse tecnonarcotizzate e tele dipendenti. Le quali davvero sono persuase della fumettistica e caricaturale narrazione manichea per cui, da un lato, vi è la perfida Russia di Putin, colpevole di ogni cosa, e dall’altro sta la civiltà del bene, il regno di Dio, la civiltà del dollaro. La guerra che quest’ultima fa è ogni volta una santa missione di pace, volta a far trionfare il bene sul pianeta terra. Qualcuno disse che l’occidente è l’impero delle bugie: non aveva affatto torto.